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Un'area sacra fuori le mura di Saepinum.
IL SANTUARIO DI SAN PIETRO DI CANTONI
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Su di un terrazzamento pedemontano, all'altezza mediana dell'asse viario che collega l'insediamento di pianura di Saepinum - antica area di mercato degli animali posta sul tracciato del più importante tratturo, quello di Pescasseroli - Candela, che attraversava per intero i territori delle comunità sannitiche - e la fortificazione a controllo di quei traffici, oggi denominata Terravecchia, era ubicata un'area sacra alle divinità del Pantheon sannita, attualmente individuata con il nome di San Pietro di Cantoni che, pervenutoci solo per indicare catastalmente la zona, palesemente evidenzia una origine più recente rispetto alle strutture prese in esame.
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Planimetria della zona. In rosso è indicata l'ubicazione del santuario.
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La devozione a divinità appartenenti alla tradizione religiosa dell'antico Sannio è attestata dai numerosi reperti ritrovati che fanno risalire la frequentazione dell'area ad un periodo relativamente arcaico: "Un parametro certo, capace, se non altro, di verificare con qualche puntuale attendibilità l'impianto, il definirsi di un culto all'interno di un'area ormai verosimilmente già delineata sul terreno e perimetralmente delimitata da un portico ... ... e da una magniloquente recinzione terrazzata verso valle sono i reperti di più alta cronologia, tutti attestati entro un orizzonte compatto e raccorciato di fine IV secolo a.C." (1).
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Panoramica degli scavi archeologici del santuario di San Pietro di Cantoni a Sepino.
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La zona venne sistemata livellando il terreno per mezzo di muri che disegnarono un'ampia cinta di forma triangolare al cui interno venne a delinearsi il perimetro sacro, ovvero l'area di pertinenza del santuario entro cui, forse in un momento successivo, fu costruita la "casa degli dèi", il tempio su podio di derivazione italica.
Quindi la frequentazione dell'area sacra è attestabile fin dal periodo delle Guerre Sannitiche ed è forse riconducibile ad esse la costruzione del piccolo edificio templare di forma rettangolare, molto semplice nelle sue fattezze, che potrebbe aver segnato il passaggio dell'area da semplice "húrz" (sul modello di "Fonte del Romito" dove venne trovata la Tavola Osca), ad importante santuario del pagus.
Gli scavi archeologici non hanno restituito molti elementi per descrivere in modo sufficiente questo primo impianto edificatorio ma abbondanti sono stati i ritrovamenti di oggetti e suppellettili che hanno confermato la frequentazione quotidiana e continua almeno fino alla metà del III secolo a.C. quando si delinearono i primi sintomi di un degradante abbandono che perdurò per gran parte del secolo successivo.
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Il muro sud del tempio. Probabilmente in origine non fungeva da contenimento del terreno ma con il tempo, per il dilavare collinare, ha assunto anche questa funzione.
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A questo periodo, tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C., risale la costruzione del secondo tempio che riprende dal vecchio il solo orientamento, con la facciata esposta ad Est. Il podio, ancora senza la ricostruzione delle modanature, appare compatto e ben costruito nella sua opera poligonale con i blocchi di pietra tagliati a netto ed incastrati con sapiente perizia tanto da non lasciare nessuna fessurazione, una tecnica edilizia, questa, in cui i Sanniti erano maestri.
Gli scavi archeologici hanno riportato alla luce molto materiale lapideo ma, essendo ancora in atto lo studio dell'area, risulta prematuro descrivere le fattezze anche di questa seconda costruzione sacra.
Possiamo ipotizzare un tempio costruito con quattro colonne sulla parte anteriore (Prostilo - Tetrastilo) che reggevano la trabeazione, con dietro in seconda fila altre due colonne centrali con ai lati la continuazione dei muri perimetrali (in Antis). La prosecuzione degli scavi da parte del Prof. Maurizio Matteini Chiari, responsabile dello scavo archeologico, ci permetterà di descrivere sicuramente meglio le fattezze del tempio.
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Planimetria dell'area del santuario di San Pietro di Cantoni.
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Quindi la nuova struttura si colloca intorno ai decenni che precedettero la Guerra Sociale ma la sua frequentazione venne ad affievolirsi man mano che lo sviluppo urbanistico dell'insediamento posto sul tratturo a valle si fece più consistente. Infatti dopo la forzata romanizzazione del Sannio, Saepinum costituirà uno dei maggiori centri abitati dell'area.
La posizione, amena e salubre, unita all'antica collocazione che ne faceva un centro di controllo dei traffici tratturali, contribuirono al progressivo incremento demografico dell'abitato che apportò una sistemata pianificazione edilizia del luogo. A seguito della concessione di Roma al diritto di cittadinanza, il territorio venne organizzato secondo il sistema municipale dell'Urbe che trasformò la sannita Saipins in un importante Municipium di Roma.
Ma sarà solo nel primo periodo imperiale che Saepinum raggiunse una vera e propria identità urbana. Dopo aver costruito abitazioni con portici, strade pavimentate con il forum adornato con statue e fontane, venne cinta da spesse mura con porte monumentali atte a difendere quella tranquillità che il nuovo status sociale aveva apportato. La cittadinanza acquisita comportò responsabilità tributarie (ed altri obblighi) tali da dover gestire il territorio in maniera molto più efficiente.
Le leggi di Roma si facevano rispettare tramite cariche municipali che operavano nei nuovi edifici pubblici ma anche nei nuovi templi fatti erigere direttamente sul foro.
Proprio la costruzione degli edifici sacri cittadini può aver relegato l'area di Cantoni a santuario "fuori le mura", frequentato solo da quei fedeli accomunati dalla tradizione della transumanza e dalla venerazione delle divinità ad essa riconducibili.
Analizzando proprio i periodi di frequentazione dell'area sacra, appare evidente che essa dovette essere vincolata alle alterne vicende subite dai due poli insediativi territoriali: Saepinum a valle e Terravecchia in altura. Ciò si evince da quello che avvenne quando al lento declino dell'Impero Romano seguì anche il graduale abbandono della cittadina a valle, ritenuta non più un luogo sicuro dove vivere.
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La statuina della Mefite a Cantoni
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Gli abitanti preferirono gradualmente spostarsi in altura dove l'antico baluardo dell'arroccamento meddicheo forniva una sistemazione più tranquilla, protetto dalle possenti mura perimetrali alloggiate sui costoni rocciosi e quindi un abitato più difendibile. Così intorno al IV secolo d.C. ritroviamo l'area sacra di Cantoni ancora una volta in auge per merito di una struttura templare rinnovata, consona alla nuova religione cristiana ormai presente in tutta la penisola.
Gli scavi archeologici hanno rilevato un disegno curvilineo di muri in pietra sul lato opposto al fronte del tempio pagano, molto probabilmente il lato absidato della "nuova" chiesa. Nell'edificazione della struttura cristiana vengono reimpiegati gran parte dei materiali lapidei utilizzati nel precedente tempio pagano. L'orientamento è lo stesso e l'edificio viene riassemblato con una dimensione maggiore rispetto al vecchio impianto. L'architettura è a tre navate separate da colonne, absidata e con ambienti di servizio ai lati.
Lo studio dell'area non ha però ancora chiarito la motivazione del definitivo abbandono del santuario, che potrebbe essere forse ricercata in un rovinoso evento tellurico che ha danneggiato in modo irreparabile le strutture. Il continuo spopolamento del territorio, giunto al suo culmine nei primi periodi altomedievali, ha sicuramente contribuito al degrado continuo delle murature superstiti fino a ridurre l'intera zona ad un cumulo di rovine che il tempo e l'incuria umana hanno preservato e tramandato nella sola e semplice denominazione catastale.
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Per il momento non si hanno notizie chiare sul motivo per cui quest'area venne denominata "San Pietro". Il fatto che questo santo fosse l'antico titolare del culto cristiano appare ovvio, ma nulla ci è pervenuto a riguardo dai testi antichi.
Invece dell'area santuaria pagana, gli scavi hanno restituito molti oggetti della vita quotidiana che si svolgeva all'interno del "recinto sacro". Tra questi una statuina in bronzo, raffigurante un'affascinante giovane donna con in mano una "Anas Clypeata", un uccello acquatico migrante che segnava l'alternarsi delle stagioni e quindi il riferimento ad un'area umida presente nelle vicinanze.
La figura femminile è posta su di un podio recante l'iscrizione in osco seguente:
Trebis Dekkiis fa realizzare e regala la statua alla dea per grazia ricevuta. La dea però non viene menzionata, relegando il suo nome al semplice termine " DEVAI".
Tuttavia il prosieguo degli scavi ci ha restituito tanto altro materiale votivo consistente in ex-voto anatomici, cioè parti in miniatura del corpo umano modellati in terracotta e donati alla divinità per richiederne la guarigione, strumenti di lavoro come falcetti, cesoie e coltelli riconducibili alla sfera del mondo agricolo e della transumanza e pesi da telaio con incisioni riconducibili alla sfera del sacro. Questi oggetti ed altri ancora hanno fatto identificare una delle deità venerate nel santuario: la bella Mefite.
In questo tempio la dea assume le sembianze di una giovane donna protettrice dell'universo femminile, che presenzia alle transizioni, alla vita dalla fecondazione al parto, assiste la donna nelle attività quotidiane proteggendo i suoi familiari ed il lavoro che serve al sostentamento dei suoi cari come l'agricoltura e l'allevamento del bestiame.
Anche un'altra divinità è presente nel culto del tempio di Cantoni. Sempre dagli scavi sono venuti alla luce alcuni frammenti ritraenti attributi di Ercole che risultavano quasi annunciati, data la vicinanza del tratturo e l'iconografia tradizionale che accompagna le vicende legate alla transumanza.
In effetti la devozione a questa duplice deità così ben assortita rientra pienamente nella tradizione dei culti religiosi delle popolazioni sannite.
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Il testo e le immagini sono di Davide Monaco
tranne le immagini della statuina e la planimetria tratte da (1)
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NOTE
(1) "Studi sull'Italia dei Sanniti" - Catalogo della mostra tenutasi a Roma presso il Museo Nazionale Romano - Terme di Diocleziano - a cura del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali - Soprintendenza Archeologica di Roma. Casa Editrice Electa Milano 2000.
Per approfondire l'argomento si consiglia:
Catalogo della mostra "La Dea, il Santo, una Terra. Materiali dallo scavo di San Pietro di Cantoni di Sepino" (a cura di M. Matteini Chiari) - QuinTilia Edizioni Roma 2004
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Storia dei Sanniti e del Sannio - Davide Monaco - Isernia
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