La cosiddetta "
Defixio Vetter nr. 6" è un'esecrazione incisa in lingua osca su di una lamina bronzea proveniente da scavi effettuati presso il Fondo Patturelli a Curti vicino S. M. Capua Vetere, erroneamente conosciuta come "
la maledizione di Vibia.
Il testo maledice
Pacio Clovazio figlio di Valaima e si compone di tredici righe incise (dodici sul lato anteriore ed una su quello posteriore) in cui Vibia effettua questa esecrazione, una sorta di preghiera maledetta ad una potenza infernale (Keres Arentika), contro un personaggio dal quale ha subito un torto. La “
defixio” è tipica delle credenze italiche dei primi secoli a.C. quando, per danneggiare o per far morire il proprio avversario si pregavano gli dei degl'inferi di intervenire contro questi.
Tra i modi in cui avvenivano queste suppliche infernali, c'era l'uso di introdurre queste lamine metalliche all'interno del sepolcro del defunto (di nascosto all'atto della tumulazione) che doveva fare da tramite con le divinità oppure con una cerimonia segreta che si concludeva con l'affissione dello scritto riportante la maledizione, solitamente nei pressi di un luogo sacro.
Il Vetter, che ha analizzato il testo di questa “
defixio”, avvertiva giustamente che il nome di chi compie la maledizione non viene di regola citato e considerava Vibia (assieme all'invocata Damia) come divinità del pantheon infernale esortate ad intervenire in quanto “mediatrici” della vendetta contro Pacio Clovazio (E. Vetter, Literaturbericht 1934-1938. B. Oskisch, in Glotta 29, 1942) e non certo colei o coloro che avevano scritto la maledizione.
(Per chi volesse approfondire l'argomento, si rimanda al testo di Marco Mancini in PDF scaricabile da qui).