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Il santuario delle madri di Capua - Fondo Patturelli - Curti - Caserta
SANNITI

 
IL SANTUARIO
DELLE MADRI DI CAPUA

CURTI - FONDO PATTURELLI
 

 



Topografia dell'area Capua - Caserta.

 

L'area archeologica del Fondo Patturelli a Curti, vicino Capua, ha restituito fino ad oggi notevoli testimonianze della società e della religione delle popolazioni stanziatasi in quel territorio in un arco di tempo che inizia dal VI secolo a.C. fino a giungere alla romanizzazione dei luoghi ed anche oltre. Il santuario, individuato fortuitamente nel 1845 in questo piccolo fondo del Comune di Curti durante i lavori di scavo per la costruzione di un muro, lavori fatti eseguire dal proprietario del terreno il sig. Carlo Patturelli, era situato nei pressi della porta orientale di Capua, a poche centinaia di metri dall'antica cinta muraria, e fu utilizzato, senza soluzione di continuità, per più di cinque secoli fino a quando, come sottolineato dal Coarelli, la deduzione della colonia cesariana nel 59 a.C. determinò l'interruzione traumatica del culto.
Uni etrusca
La Uni etrusca.
 
Della fase arcaica del santuario restano numerose terrecotte architettoniche che, oltre a testimoniare gli stretti rapporti esistenti in tale periodo tra Capua, l'ambiente cumano e l'area etrusco-laziale, consentono di ipotizzare l'esistenza di numerosi piccoli sacelli.
Nel IV secolo a.C., in piena età sannitica, è testimoniata una generale trasformazione edilizia del santuario, conclusasi verosimilmente in età tardoellenistica con la costruzione di un altare monumentale, costituito da un podio, decorato da pilastrini e da una cornice a dentelli, sorreggente una platea su cui era collocata una piccola ara ed alla quale si ci accedeva mediante una rampa di dodici scalini fiancheggiata da sfingi.
Data la mancanza di testimonianze letterarie o epigrafiche esplicite, resta aperto il dibattito relativo all'identificazione della divinità del santuario, sulla quale gli studiosi non hanno ancora raggiunto un'interpretazione univoca, proponendo ora una coppia di divinità composta da Giunone Lucina e Giove Plagio, ora una singola divinità (Mater Matuta, Giunone, Venus Jovia).
La lunga frequentazione del santuario induce, comunque, ad ipotizzare una stratificazione di culti; per il periodo presannitico risulta verosimile l'ipotesi di J.Heurgon che riconduceva la divinità del santuario alla "Uni" etrusca menzionata nella Tavola Capuana, grande divinità femminile che presiede ai momenti principali del ciclo vitale quali la nascita, l'attività riproduttiva, la morte.
Al culto della dea era inoltre associato il culto di Ercole, ben testimoniato all'interno del santuario in età arcaica; il dio viene considerato da alcuni studiosi quale espressione della funzione maschile necessaria per mettere in atto la potenza generatrice della grande dea matronale.
In età sannitica, invece, è suggestivo il confronto di G. Devoto con la Kere sannitica, simbolo della vitalità del mondo animale e della natura in genere, alla quale risulta associato il culto di Giove Plagio, testimoniato da un'iscrizione osca (si rimanda alle sezioni dedicate alla lingua ed alla religione dei Sanniti).
Dal santuario del Fondo Patturelli di Capua provengono numerose sculture in tufo, tradizionalmente note con il nome di "Madri Capuane".
  madre capuana
Una delle Matres di Capua.
Esse raffigurano, infatti, "kourotròphoi" ovvero figure femminili, assise in trono, quasi a voler raffigurare la solennità della maternità. Queste raffifurazioni sono tutte differenti l'una dall'altra, di fattezze diverse e molto più plastiche e realistiche nelle sculture più recenti. Infatti, pur non essendo agevole un'articolazione cronologica, si tende a considerare più antico l'esemplare più schematizzato, che somiglia nel suo insieme più ad una stele che ad una statua.

 

Madri capuane

Madri Capuane - Museo Archeologico Nazionale di Santa Maria Capua Vetere (CE).

 

Le statue delle "madri" sono oltre cento e realizzate in tufo, la pietra che più facilmente si trova in quelle parti, oltre ad essere facilmente lavorabile con martello e scalpello. Esse mostrano figure femminili sedute con uno o più bambini in fasce posti sul grembo o tra le braccia. Le figure sono rappresentate frontalmente, indossano una tunica per lo più senza maniche ed un mantello che talvolta copre solo le gambe, altre volte copre anche il dorso e la testa. I nascituri appaiono isolati, o in coppie o, addirittura, in serie sovrapposte sull'uno e sull'altro braccio, ormai del tutto stilizzati nelle fasce da cui sono avvolti. Resta evidente che le "madri" sono immagini della dea della fecondità, alla quale del resto dovevano essere offerti i numerosi doni votivi, sempre in terracotta, scoperti nel santuario: melograni, porcellini, parti del corpo umano come organi genitali, gambe e braccia.

 

Madri capuane

Madri Capuane - Museo Archeologico Nazionale di Santa Maria Capua Vetere (CE).

 

Altra tesi le interpreta quali ex-voto offerti alla divinità del santuario come ringraziamento di un felice parto. Un nucleo consistente di queste sculture fu rinvenuto negli scavi del 1845, collocato, secondo la testimonianza di M. Sideri, Ispettore delle antichità per la Provincia di Terra di Lavoro, intorno al grande altare tardoellenistico all'interno del santuario, disposte in modo da essere visibili solo frontalmente (la faccia posteriore si presenta per lo più scabra, quasi non lavorata), in parte infisse nel suolo e collocate forse una accanto all'altra lungo una parete (ma non si hanno dati sicuri in merito).
Madre capuana
Una delle Matres di Capua.
 
Il loro rinvenimento suscitò lo stupore di scopritori e studiosi che, colpiti dal linguaggio scarno ed essenziale delle sculture nonchè dalle loro proporzioni fortemente alterate (avambracci troppo brevi, teste con collo enorme, mancanza di spalle), non esitarono a pronunciare giudizi negativi giungendo a definirle, secondo l'espressione del Mancini, "tozze e mostruose sì che sembran rospi". La successiva rivalutazione dell'artigianato italico ha permesso di evidenziare l'originalità di tale produzione capuana che costituisce, senza dubbio, un "unicum" nella produzione scultorea dell'Italia preromana, e che esprime le esigenze di una società agricola e conservatrice,
che traendo dalla terra la sua principale ricchezza, considera fondamentale la nascita di una prole numerosa e sana e rende costantemente grazie alla divinità per la protezione ed il favore ottenuto nella procreazione.
Una famiglia con molti figli significava poter lavorare molta più terra in un periodo in cui non esisteva il latifondismo, almeno fino all'affermarsi dello stile di vita societario romano. Ed un nucleo famigliare numeroso permetteva di mantenere uno status sociale più solido, difeso appunto da più membri della stessa famiglia.
Dal punto di vista cronologico le madri sono verosimilmente inquadrabili tra la fine del V secolo a.C. ed il I secolo a.C. ma la mancanza di dati stratigrafici relativi al loro rinvenimento e di confronti puntuali non consente un inquadramento cronologico certo. Unico sicuro "terminus ante quem" per la loro produzione resta l'inizio del I secolo a.C., data cui riconducono le iscrizioni latine incise su alcune sculture.

 

 

 

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