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Storia dei Sanniti - La monetazione nel Sannio.
SANNITI

 
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Per tutto il III secolo a.C. non conosciamo altra emissione della comunità dei Sanniti Pentri, ad eccezione di una discussa serie in bronzo con legenda in osco Akurunniar, interpretata come Aquilonia. Di centri chiamati Aquilonia in area sannitica la tradizione letteraria ne tramanda due: uno in Irpinia, l'odierna Lacedonia, l'altro nella regione dei Pentri riconosciuto da più studiosi nell'abitato rinvenuto a Monte Vairano.
Le monete di Aquilonia hanno al dritto una testa di Atena con elmo corinzio e al rovescio un guerriero in piedi con la patera nella mano, in atto di svolgere un sacrificio. La testa di Atena con capelli raccolti sulla nuca e con lo stesso tipo di elmo crestato ricorre di frequente sulle monetazioni della prima metà del III secolo delle colonie latine o dei centri alleati di Roma (Alba Fucens, Aquino, Telesia, Venafro, Cales, Suessa, Teano, Caiatia, e sul versante orientale Larino, Azetium, Butuntum, Caelia, Teate, Venusia, Luceria), più originale l'immagine del guerriero.
  AQUILONIA
Aquilonia - 293 a.C.

Testa di Athena con elmo corinzio
a lato l'etnico retrogrado AKURUNNIAR
sul retro guerriero in piedi
con patera nella mano.
E su di essa, infatti, si è fermata l'attenzione dei numismatici del secolo scorso che hanno proposto di riconoscere nel soldato uno dei militi della celebre legio linteata, composta da truppe scelte della mobilitazione generale seguita alla sconfitta di Sentino che fece confluire ad Aquilonia pentra quarantamila armati per ricomporre l'esercito: da ciò scaturisce l'ipotesi (a mio parere assai improbabile) che sia un'emissione prodotta nel 293, in occasione della raccolta degli eserciti. Difficilmente la moneta si ricollega alle vicende della narrazione liviana; tra l'altro per il tipo del diritto e per il peso i bronzi di Aquilonia si collocano intorno al secondo venticinquennio del III secolo a.C. e si inquadrano, dunque, in orbita romana ne più ne meno di quelli delle colonie latine, prodotti da una comunità ormai totalmente ridotta all'alleanza (ipotesi questa già ventilata dal Salmon).
ZECCA DI LARINUM (III Secolo a.C.)

Larinor
Testa laureata di Zeus e
aquila con leggenda osca
LARINOR

Larinor - 260 a.C.
Testa di Pallade con elmo
e cavaliere al galoppo
con scudo rotondo ed asta.
Leggenda in osco LARINOR
 
Adriano La Regina ritiene invece che Aquilonia possa aver coniato moneta esclusivamente per motivi di mero prestigio a imitazione delle città campane in virtù del suo ruolo di capitale dello Stato sannitico, posizione che la città avrebbe assunta nei primi anni del III secolo a.C., prima che il capoluogo politico, sede del senato, divenisse Bovianum la cui ripresa fu favorita dalla realizzazione della strada di collegamento tra le due colonie di Beneventum e di Aesernia. Resterebbe da chiedersi, se così fosse, come mai in un touto come quello pentro, si ritrovi una moneta con il nome di un singolo centro. I bronzi di Aquilonia presentano le medesime caratteristiche di altre due comunità sannitiche alleate di
Roma, quella dei Frentani e di una serie di Larino con la legenda osca, emesse anch'esse nel secondo venticinquennio del III secolo a.C. Dunque essi si inseriscono meglio, a mio parere, tra le emissioni dei centri sanniti sottomessi a Roma: Aquilonia può aver coniato allo stesso titolo di comunità come Caiatia Venafro e Telesia (che peraltro ebbero gli stessi tipi dei bronzi di Teano, Cales, Suessa : testa di Atena con elmo corinzio/Gallo). Si tratta di centri separati dal Sannio negli anni dopo Sentino, ubicati nella fascia nord-occidentale della regione pentra, in quell'area definita dal Salmon una zona cuscinetto tra il territorio romano e quello sannita. Una collocazione di Aquilonia in tale zona, come ha proposto Capini (e non a Monte Vairano), non sarebbe in contrasto con il quadro che emerge dall'evidenza numismatica. I bronzi di Aquilonia ebbero una circolazione locale, ne sono noti esemplari da Agnone e da Carife, e lo stesso peso di quelli delle città campane (circa 6-7 grammi). Essi presentano le medesime caratteristiche delle monetazioni di altre due comunità sannite, quella dei Frentani e di una serie di Larino con la legenda osca, emesse anch'esse nei decenni centrali del III secolo a.C. Sono elementi che lasciano intuire per queste emissioni sannitiche in bronzo la stessa funzione: si tratta di nominali di basso valore, mezzo di uno scambio limitato sostanzialmente all'area geografica di appartenenza. I Sanniti Pentri, se anche Aquilonia emise moneta quando era ormai una delle città controllate da Roma, non ebbero una produzione monetale autonoma.


Passando all'altro campo di indagine, quello della presenza di moneta "estera" nel Sannio, riscontriamo una conferma a quanto emerge dai dati relativi alla produzione monetale: la data iniziale di arrivo nel Sannio di un cospicuo quantitativo di moneta non risale oltre i decenni intorno alla metà del III secolo a.C.
La presenza di moneta "estera " di IV secolo non sembra particolarmente significativa: in molti casi sono esemplari ancora in circolazione nel III secolo a.C., rinvenuti per lo più in contesti votivi (nel santuario della Mefite nella valle di Ansanto, a Pietrabbondante, a Campochiaro, a Campo Laurelli) e anche il tesoretto ritrovato a Morcone e quello di Benevento, che pure contiene monete del IV a.C., forse sono stati seppelliti in quegli anni.
I rinvenimenti monetari si infittiscono piuttosto nel secondo quarto del III secolo a.C.: predominano (come del resto in tutta l'Italia centro-meridionale) le monete di Neapolis e dei centri campani, attestate a Pietrabbondante, a Isernia, San Giovanni in Galdo, Campochiaro, Monte Vairano.
  Tedis

Telesia - Bronzo con leggenda TEDIS
La presenza di moneta napoletana e dei centri campani deve essere stata motivo di stimolo per le emissioni dei Frentani, di Larino, di Aquilonia che furono però, come si è visto, assai limitate proprio per la natura degli scambi che si svolgevano in territorio sannita. Altre emissioni di pieno III secolo documentate in Sannio sono quelle delle zecche apule di Arpi, Luceria, Salapia e Teate, di Paestum, di zecche siciliane, come Siracusa e Messana: pochi esemplari per ciascuno dei centri citati, la cui presenza è piuttosto comune nei depositi votivi dei santuari italici.
Nella seconda metà del III secolo a.C. il ruolo in precedenza svolto dalla moneta napoletana fu assunto da quella di Roma, che andò sostituendosi dappertutto alle superstiti coniazioni autonome.
Le prime monete romane giunte nel Sannio sono le cd. romano-campane del tesoretto di Benevento e quelle di Campochiaro, i bronzi fusi di Gildone, i bronzi coniati e fusi rinvenuti a Pietrabbondante, a Carife,
ITALIA
Denario Sannitico
Denario Italia - 90 a.C.
Scena del giuramento con rappresentanti
degli otto popoli insorti
 
ad Isernia, in area irpina nel santuario della valle di Ansanto.
Più articolato e differenziato il quadro delle presenze monetali di II secolo a.C.: le monete di Roma (denari e vittoriati in argento e moneta divisionale in bronzo) divenute l'unico consistente mezzo monetario circolante in tutta la penisola, sono ovviamente presenti anche nel Sannio.
Ma accanto ad esse, sporadici ritrovamenti di moneta straniera attestano contatti con l'esterno, da una parte con l'altra sponda dell'Adriatico e oltre, dall'altra con la Spagna meridionale. Paradigmatica, in questo senso, la documentazione di Monte Vairano, ben illustrata da G. De Benedittis. Qui sono state ritrovate due monete di Pharos, centro situato sulla costa slava, una di Apollonia, città greca nell'attuale Albania, una della lega epirota, una di Taso, isola dell'Egeo, un bronzetto di Ebusus, l'odierna Ibiza. Quest'ultima monetina non è isolata nel Sannio, altre sono state trovate a Pietrabbondante e a Campochiaro; ma l'area nella quale esse sono maggiormente attestate è quella della Campania meridionale, tra Pompei e Sorrento.
La presenza di moneta straniera si ricollega ai traffici che si svolsero in tutto il Mediterraneo dopo la seconda guerra punica ad opera dei negotiatores italici, famiglie emergenti soprattutto della Campania costiera e di Capua, ma a quanto pare anche del Sannio, i cui nomi sono attestati peraltro tra quelli dei residenti a Delo, l'isola greca al centro dei commerci mediterranei. In questo senso le poche monete straniere che documentano lo spostamento di uomini nelle due direttrici di traffico indicate, tra Occidente e Oriente, insieme con la cospicua presenza di anfore rodie e quella meno abbondante di ceramica iberica e di anfore puniche, possono considerarsi una traccia dei flussi commerciali che investirono pur se parzialmente la regione pentra causando certamente anche qui delle forti differenziazioni nell'ambito del corpo sociale.
Più volte è stato segnalato che sappiamo troppo poco della realtà economica nel II secolo di questa regione, ancora vincolata a modi di produzione sostanzialmente di tipo
  DENARIO SANNITICO
Bellum sociale

Guerra sociale - 89 a.C.
G. PAAPI G.

Guerra sociale - 89 a.C.
MUTIL EMBRADUR
agro-pastorale; certo però la mancanza di emissioni monetali proprie non può essere considerata come prova dell'assenza di forze economiche in grado di inserirsi in un mercato più vasto di quello locale. I traffici internazionali non presuppongono necessariamente l'uso di moneta prodotta dalle comunità interessate e meno che mai in questa
Safinim - Guerra sociale - 89 a.C.
Denario Sannitico
Gaius Papius Mutilus
SAFINIM
 
epoca quando le uniche monete di un certo valore circolanti nella penisola furono quelle romane, essendo state interrotte fin dalla seconda metà del III secolo a.C. le superstiti emissioni in argento delle città magno-greche.
Molti altri indizi di natura letteraria e epigrafica mostrano invece come dalla prima guerra punica, e soprattutto dopo la guerra annibalica, in Sannio si verificarono situazioni di accumulo di notevoli ricchezze da parte di esponenti delle gentes locali: è il caso dei Decitii, degli Staii, degli Egnatii, membri di aristocrazie arricchitesi per lo sviluppo delle attività produttive tradizionali collegate al bestiame e alla vendita di prodotti dell'allevamento e dell'agricoltura.
Il formarsi di elites sannitiche legate da rapporti clientelari a importanti famiglie romane, attive nei commerci regionali, ma anche presenti nella rete dei traffici internazionali, lo sviluppo del latifondo e del lavoro servile, l'acuirsi di una situazione sempre più precaria delle fasce economicamente più depresse generarono la crisi sfociata poi all'inizio del secolo successivo nella guerra sociale. Il conflitto, al quale parteciparono i Sanniti accanto agli altri popoli italici, scoppiò per la richiesta di ottenere la cittadinanza romana, che significava condividere i vantaggi dell'alleanza con Roma e non solo sostenerne il peso.
In questa occasione gli Italici insorti coniarono una gran quantitativo di moneta in argento, non - come pure è stato suggerito - per affermare le loro capacità commerciali in contrapposizione a quelle romane, ma per finanziare le enormi spese di guerra. Le monete del "Bellum Sociale" sono denari in argento, cioè il nominale tipico di Roma comunemente utilizzato in gran parte della penisola, ma presentano la legenda "ITALIA" in latino o "VITELIV" in osco e riproducono, ad eccezione di una prima serie che è del tutto simile ai denari di Roma, immagini fortemente propagandistiche, esaltanti l'accordo raggiunto tra i vari popoli o la virtus degli Italici: esempio eloquente dei due temi sono la raffigurazione della scena del giuramento che consolida l'alleanza tra i rappresentanti degli otto popoli insorti ed il toro sannita che sconfigge la lupa romana.
Tra i denari della guerra sociale una serie emessa da C. Papio Mutilo - il valoroso generale sannita, unico tra i confederati ad assumere il titolo di Imperatore ("Embratur"
  VITELIV
Denario sannitico

Viteliu - Guerra sociale - 89 a.C.
Guerriero stante

Viteliu - Guerra sociale - 89 a.C.
Testa femminile laureata
in osco) dopo le vittorie del 90 a.C. - presenta al posto del nome ITALIA comprensivo di tutte le genti, il nome Safinim (= Sannio). Questa serie, datata agli anni 89-88 a.C. quando lo sforzo economico e militare gravò soprattutto sul Sannio, raffigura un guerriero (per La Regina da identificare con Comio Castronio, il condottiero fondatore tra il V e IV secolo a.C. del touto Safinim) che schiaccia sotto il piede forse le spoglie della lupa romana, accanto a lui riposa il toro sannita. La moneta rappresenta l'ultima orgogliosa affermazione da parte dei Sanniti della loro autonomia politica da Roma.

 

 

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Storia dei Sanniti e del Sannio - Davide Monaco - Isernia
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