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Rocca Saturno su monte Santa Croce
UNA FORTIFICAZIONE SANNITICA TRA CONCACASALE E VENAFRO
Franco Valente
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Nel 1645 monsignor Cordella, vescovo di Venafro, stabiliva definitivamente il trasferimento della parrocchia di Santa Caterina d’Alessandria dall’antico abitato, ormai abbandonato, di Trasarcio, in agro di Concacasale, a quello da poco costruito in Pozzilli, che una volta si chiamava Caspoli.
Secondo alcuni Trasarcio deriverebbe il nome dalla circostanza di trovarsi in qualche modo protetto o comunque sottoposto a due o più rocche fortificate: "Trans arces" ovvero "in mezzo alle rocche", come sostenne Ludovico Valla nel XVII secolo.
Più volte avevo tentato di verificare se l’ipotesi avesse un qualche fondamento ma fino ad oggi le ricerche non avevano dato alcun esito. L’impianto planimetrico di Trasarcio, sebbene ridotto allo stato di traccia superficiale, é ancora riconoscibile in quella parte di territorio pedemontano che, seguendo l’attuale carrozzabile che congiunge Venafro a Concacasale, appare quasi come un terrazzamento naturale nella parte settentrionale della montagna di Santa Croce (che, forse per una serie di errori cartografici di qualche secolo fa, ancora oggi impropriamente viene chiamata monte Cerino). Vi rimangono i ruderi di qualche casa e l’impianto dell’antica chiesa di Santa Caterina, ormai privata di ogni particolare architettonico di pregio.
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Topografia dell'area tra Viticuso e Venafro (1954).
Lo scorso primo maggio 2002, approfittando della consueta festa della Croce che annualmente in quella data si tiene sul picco che una volta faceva parte della cosiddetta Rocca di Saturno, poi trasformata in un importante convento dedicato a San Tommaso, ho tentato la scalata sulla cima della montagna di Venafro seguendo l’arido e pietroso versante venafrano. Lo spettacolo naturale é superbo e nello stesso tempo, per chi viene dalla sottostante pianura, insospettabile.
Le pareti occidentali della montagna calano a picco insinuandosi in gole alte qualche centinaio di metri e costituiscono una formidabile protezione naturale che certamente non fu sottovalutata da coloro che per primi organizzarono un sistema di difesa in questa parte della valle del Volturno. Il punto più alto permette di traguardare da una parte fino alle cime della Maiella, anticipate dalla catena delle Mainarde, e dall’altra fino alle vette più alte del Matese, che si scopre in tutta la sua possente consistenza a fare da barriera al corso del Volturno quando, insinuandosi verso la Campania, va a lambire l’altro blocco montuoso di Cesima che si vede a Sud-Ovest.
All’aspetto secco del versante venafrano di Santa Croce, interrotto solo dalle macchie vistose della carnosa orchidea selvatica, corrisponde quello verdeggiante della Valle del Campo (come una volta si chiamava Concacasale) dove domina il corniolo che ha dato il nome ad uno dei suoi casali: Crugnalito. Nella splendida giornata primaverile il silenzio é rotto dal richiamo di un nibbio che volteggia senza sforzo tenuto in aria dalla corrente ascensionale che si forma per il
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Planimetria della Rocca Saturno su monte Santa Croce di Venafro.
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riscaldarsi delle rocce esposte a mezzogiorno. Rocce calcaree erose dal vento e fratturate in maniera da ingannare i più sprovveduti che spesso vedono la mano dell’uomo in quella sistemazione che, invece, é del tutto naturale. In mezzo a questi megaliti mi appare all’improvviso un signore in divisa mimetica. Mi saluta con un accento nordico e mi fa pensare immediatamente a quei soldati di cui si parlava negli anni sessanta perché si diceva che tornassero sui luoghi dell’ultima guerra alla ricerca di documenti sotterrati per misteriosi motivi.
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Fugato immediatamente ogni dubbio, é iniziata una conversazione sulla grande quantità di residuati della guerra che ancora inquinano quelle parti di montagna dove é frequente trovare bombe inesplose e bossoli di ogni tipo. Si chiama Settimio Di Marco ed é titolare di una azienda di prodotti per le automobili che da Milano si sta trasferendo nella vicina Cervaro. Gli spiego i miei interessi per il territorio e insieme cominciamo a scendere verso Concacasale. Mi dice che ormai conosce questi monti come le sue tasche perché gli piace andare alla ricerca delle tracce di una guerra assurda che seminò morte tra giovani inconsapevoli.
Provo a chiedergli se girovagando per quelle montagne abbia trovato traccia di una qualche muratura fatta con grossi blocchi lapidei. Mi invita a risalire sulla cima della montagna e insieme raggiungiamo una parte intricata del bosco dove appare in tutta la sua grandezza un tratto di oltre duecento metri di una cinta megalitica conservata in maniera straordinaria. Un tratto rettilineo sul versante di Concacasale che in alcuni punti supera i tre metri di altezza ed é formato da blocchi di medie e grandi dimensioni perfettamente incastrati alla maniera delle altre cinte sannitiche già note del territorio molisano.
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Particolare di Rocca Saturno sul lato verso Conca Casale
Qualche altro centinaio di metri prima rimangono le tracce della medesima muratura i cui blocchi sono stati chiaramente rotolati verso valle anche se l’impianto é perfettamente riconoscibile. Nella parte superiore della murazione due ampi squarci nella roccia a distanza di qualche decina di metri l’uno dall’altro, per il loro impianto squadrato, si rivelano come elementi di un qualche complesso ancora da esplorare.
Il muro finisce all’improvviso là dove inizia una un costa rocciosa verticale che costituisce la naturale continuazione della difesa che gira verso il versante venafrano. Seguendo la parete naturale verso Venafro si ritrova un altro bel tratto, di qualche metro, di pietre aggregate alla stessa maniera.
Il punto di osservazione é fenomenale. In basso si vede il nucleo medioevale di Venafro con l’ellisse del Verlascio che ripete l’anfiteatro romano e la mole del Castello che, notoriamente, é impiantato su una rocca a blocchi megalitici di epoca almeno romana.
Ora finalmente comincia a delinearsi un quadro più chiaro del sistema difensivo sannitico e sulle implicazioni che queste rocche hanno avuto anche nei secoli seguenti.
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Particolare di Rocca Saturno.
E’ ampiamente noto che la datazione delle cinte megalitiche sannitiche é ancora da definire. Nessuno dei numerosi studi fatti fino ad oggi é stato in grado di dare una risposta definitiva. Nella sostanza vi sono due ipotesi. La prima é che queste murature siano attribuibili alle prime fasi della complessa penetrazione sannitica nella valle del Volturno, e si pone la loro realizzazione in epoche attestabili intorno al VI-V secolo a. C.. La seconda é che si tratti di elementi di un sistema di difesa approntato dai Sanniti durante le guerre contro Roma, nel III secolo a. C., prima della definitiva distruzione del Sannio.
Personalmente, con tutti i necessari dubbi, propendo per la prima ipotesi. Forse qualche saggio archeologico in queste parti del territorio, che non sono state contaminate da sovrapposizioni successive di epoca romana o medioevale, potrebbe fornire qualche contributo a svelare aspetti sconosciuti dei primi Sanniti. Nel 1979 nel mio volume su Venafro (Venafro, origine e crescita di una città - Edizioni Enne - Campobasso - n.d.r.) avevo segnalato alcuni tratti delle rocca di Saturno situati nel versante meridionale e da allora non avevo effettuato altre ricerche nel versante settentrionale verso Concacasale. Perciò oggi, poter avere una idea più chiara della rocca sannitica di monte Santa Croce, anche per gli abitanti di Concacasale é un motivo che si aggiunge agli altri per alimentare una ricerca più puntuale nel territorio (come é nei desideri del sindaco Nando Pacitto) e per sollecitare una maggiore attenzione alla conservazione ed alla valorizzazione delle testimonianze del passato.
Un problema che può essere affrontato soprattutto mettendo in guardia gli amministratori pubblici dal desiderio di far arrivare immediatamente una strada nei luoghi che fino ad oggi si sono salvati proprio per l’assenza di asfalto e di orribili aree di ristoro per il vasto pubblico, sollecitando al contrario pochi, ma concreti, interventi di pulitura e di normale manutenzione.
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Storia dei Sanniti e del Sannio - Davide Monaco - Isernia
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